CRISTINA PICCIN

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Il mental coaching: cos’è?

Durante queste Olimpiadi si è sentito parlare spesso di “salute mentale”, “mental coach”, “psicologia dello sport” e della mente degli atleti. Diversi atleti hanno svelato al pubblico il loro vissuto e le esperienze difficili incontrate durante il loro percorso sportivo come Simone Biles, Naomi Osaka, altri hanno affermato di essere accompagnati da uno psicologo o da un “mental coach”, come l’uomo più veloce del mondo in queste olimpiadi Marcell Jacobs. Tuttavia la preparazione mentale (o in gergo “mental coaching” o “sport coaching”) attualmente non è così conosciuta e spiegata sia ai diversi attori dello sport sia al grande pubblico. Essendo oggigiorno una disciplina non regolamentata, conosciuta a grandi linee e poco diffusa tra la maggioranza, credo personalmente che sia di prima rilevanza spiegare nel dettaglio di cosa si tratta nello specifico e quali sono le sue origini (e vedrete che non è qualcosa di nuovo nell’altissimo livello!).

Ma facciamo un passo indietro. Quali sono le cause di questa mancanza?

In primo luogo, la preparazione mentale è una componente della preparazione sportiva e della psicologia molto giovane, risalente alla fine del 20° secolo ed inizio 21°. Le prime formazioni universitarie specifiche di preparazione mentale che si crearono qui in Europa sono dell’inizio degli anni 2000 (specialistiche universitarie e master universitari, il primo tra i quali in Francia nel 2005 a Clermont-Ferrand, seguito poi da Christian Target a Digione).

Essa è figlia della psicologia dello sport, che si è sviluppata nel 20° secolo (fine 19°) un po’ in tutto il mondo: negli USA con Triplett che si interessò al ciclismo e poi Griffith che creò la prima scuola per allenatori. In seguito anche russi e tedeschi iniziarono a studiare la psicologia degli atleti. Nel 1965 la psicologia dello sport diventa una disciplina strutturata, autonoma e scientifica e alle Olimpiadi in Messico del 1968 vediamo i primi psicologi intervenire nelle squadre olimpiche.

In Italia vediamo la nascita e lo sviluppo della psicologia dello sport grazie a Ferruccio Antonelli e Alessandro Salvini nel 1965, anno del 1° Congresso Internazionale di Psicologia dello sport. In Francia Michel Bouet è il primo universitario ad interessarsi alla Psicologia dello sport, seguito poi da Thill in testa del primo dipartimento di Psicologia dello sport dell’INSEP (Institut National du Sport de l’Expertise e de la Performance; centro nazionale che unisce l’allenamento dei migliori atleti francesi della maggioranza delle discipline sportive e la ricerca scientifica dello sport).

Nella penisola (a differenza di altri paesi), il mental coaching non è ancor oggi ben definito, in quanto da un lato le formazioni universitarie riconosciute e a lungo termine sono molto recenti (master universitari che sono comunque spesso aperti unicamente a psicologi, psicoterapeuti, medici e studenti in psicologia e medicina) e dall’altro troviamo formazioni brevi e/o online senza la richiesta di requisiti d’ammissione, al contrario dello psicologo dello sport che esiste da più tempo ed è riconosciuto da un albo ed è formato con un cursus a lungo termine (in seguito a una laurea specialistica in psicologia dello sport per poter praticare in questo ambito specifico).

Ma la problematica di fondo attuale è il non riconoscimento della professione di preparatore mentale (mental coach) in un registro/albo (come per altre professioni) e quindi una definizione chiara (e sicura!) del percorso di studi (solido!) richiesto per diventare preparatore mentale e/o coach. (problematica che tuttavia esiste anche in altri Stati in cui esistono già delle formazioni universitarie per diventare preparatore mentale).

Cos’è la preparazione mentale (il « mental coaching ») ?

Ecco la definizione completa, che viene spesso utilizzata per definire questa disciplina:

« E’ una preparazione alla competizione grazie all’apprendimento di abilità mentali e abilità organizzative, con l »obiettivo principale di ottimizzare la prestazione personale dell’atleta, promuovendo il piacere per la pratica sportiva e favorendo il raggiungimento dell’autonomia. »

Jean Fournier, ricercatore all’INSEP (1999; INSEP)

Essa riguarda principalmente gli aspetti comportamentali, facendo riferimento a quelli motivazionali, comunicativi ed emotivi, portando l’individuo ad una maggiore consapevolezza di sé e del proprio ambiente, con lo scopo di migliorare le proprie prestazioni e raggiungere i propri obiettivi, nel modo più salutare ed equilibrato possibile. Questo fa della preparazione mentale una materia che si focalizza soprattutto sul presente e il futuro, senza andare a “scavare” nel passato del cliente e nei traumi (che sono di dominio della psicoterapia e della psicologia).

Spesso sentiamo parlare gli atleti della mente e di come essa abbia causato le buone prestazioni e le meno buone. Pertanto la definizione è abbastanza sfocata nella mente degli atleti e degli allenatori, cosa che impedisce loro di sapere a quale figura professionale rivolgersi.

Per rendere più chiara la definizione , il lavoro di mental coaching si divide in due parti, che non si oppongono, ma si completano:

  • la preparazione psicologica
  • la preparazione mentale

La preparazione mentale si riferisce all’aspetto « mentale », ovvero a quello che succede nella vostra testa durante la gara o in allenamento, o per quale motivo avete meno forza nelle gambe in un dato momento, o perché avete lo stomaco chiuso prima di un evento, ecc. Essa riguarda tutte le abilità mentali da allenare per raggiungere il vostro stato ottimale di prestazione (che ognuno di noi ha ed è individuale e specifico alla persona). Questo allenamento si traduce con l’apprendimento di tecniche e strumenti standardizzati e individualizzati per gestire gli stati emotivi e mentali, la comprensione dei propri punti forti e punti deboli e quindi incentivare lo sviluppo personale dell’individuo.

La preparazione psicologica invece, si caratterizza dall’ampiezza trasversale nel progetto dell’atleta, ovvero riguarda anche il contesto esterno alla vita sportiva dell’atleta. Il suo obiettivo è il benessere dell’atleta che gli permetterebbe di impegnarsi in allenamento e in gara e quindi di sentirsi meglio. Essa comprende il « senso » della pratica sportiva, la comunicazione con l’allenatore, altre dinamiche di gruppo e le diverse interazioni con l’ambiente. La preparazione psicologica si basa su diverse teorie psicologiche e permette all’atleta o all’allenatore di avere consapevolezza di sé stesso, di comprendere meglio i propri pensieri, emozioni e i propri meccanismi, sempre con l’obiettivo di prestazione e benessere, senza entrare nel dominio della psicoterapia e della psicologia clinica.

E’ importante ricordare, infine, che laddove il preparatore mentale osservi durante l’accompagnamento dei sintomi o dei dubbi riguardanti il bisogno del cliente, che vanno al di là delle sue competenze, egli, se competente, consiglierà alla persona di rivolgersi a uno psicologo o psicoterapeuta, aventi ruoli incentrati sulla cura e la salute del paziente. Qui sta la differenza tra le due professioni, in quanto il dominio della salute e delle psicopatologie sono esclusive di questi ultimi. Ciononostante uno psicoterapeuta/psicologo in seguito ad una specializzazione possono esercitare anche come preparatori mentali e/o psicologi dello sport.

In cosa aiuta quindi la preparazione mentale? Tramite l’allenamento delle diverse abilità mentali essa permette (elenco non esaustivo):

  1. Il raggiungimento e il saper mettersi in una zona propensa allo stato di “flow” (di “grazia”) e individuazione della zona ottimale
  2. La gestione dell’ansia e dello stress
  3. L’aumento della concentrazione, dell’attenzione, della capacità di visualizzazione e di memoria
  4. La gestione dell’infortunio: mantenimento e allenamento delle abilità e accettazione di quest’ultima
  5. La memorizzazione e correzione tecnica più veloce della sola pratica e il recupero tecnico, tattico, fisico durante la riabilitazione post-infortunio
  6. Il miglioramento del sonno e del recupero
  7. La relativizzazione dei problemi
  8. La gestione del dolore
  9. La motivazione e determinazione
  10. La coesione, la gestione dei conflitti nel caso di una squadra.

In base alle esigenze dell’atleta, o della squadra, il preparatore mentale o lo psicologo dello sport dopo aver analizzato la situazione strutturerà quindi una preparazione mentale adeguata che permetterà di allenarsi per raggiungere l’eccellenza, passando se necessario da una preparazione psicologica di base.

L’importanza della formazione:

La preparazione mentale non si basa unicamente sulla distribuzione di strumenti di coaching, come possiamo vedere in diverse scuole “rapide e/o online” che troviamo un po’ ovunque. Pertanto è qui che sta l’importanza della formazione del professionista.

Molte sono le formazioni che insegnano dei protocolli e degli strumenti utili al percorso del individuo e spesso incontriamo dei “coach” in diversi ambiti, la maggior parte persone che si interessano giustamente all’aspetto mentale riguardante il proprio lavoro. Malgrado ciò il preparatore mentale, che si avvale di questo appellativo, deve imprescindibilmente conoscere i sistemi del cervello ed avere e dimostrare quindi una formazione riguardante le basi della psicologia e delle neuroscienze. Cosa che può essere possibile solamente tramite una formazione solida.

Ma non solo! Come in tutte le professioni è di vitale importanza l’etica e la deontologia dell’esperto: il sapere, il saper fare ma anche il saper essere. La seconda richiede una formazione sul campo, accompagnata e “tutorata” in un primo momento di formazione (a mio avviso di un anno come minimo) e poi supervisionata nella continuazione della carriera, come dovrebbe essere per tutte le professioni di accompagnamento della persona.

Per quanto riguarda il saper essere del professionista, è molto complesso, se non quasi impossibile, poterlo valutare durante le formazioni. Ciò dipende ovviamente dal percorso interiore che il preparatore mentale (ma anche lo psicologo e lo psicoterapeuta) ha fatto nella sua vita (un accompagnamento, una terapia, ecc.) in quanto anch’egli è un essere umano e soggetto a filtri cognitivi e alla propria esperienza.

Infine allo stesso modo dell’atleta, un bravo coach investirà su sé stesso per poter migliorare le proprie prestazioni, tramite una formazione continua, specializzandosi in tecniche specifiche, e tramite, come precedentemente accennato, la supervisione e/o un percorso personale con un terapeuta.

Dott.ssa Cristina Piccin – Preparatrice mentale e Coach

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